L’informatica, questa sconosciuta: una rivoluzione culturale contro presunzioni e pregiudizi.Chi mi conosce da tempo sa bene quanto mi spenda nel tentare di dirimere i pregiudizi e i luoghi comuni sull'informatica, che derivano quasi sempre dalla non conoscenza di questa disciplina scientifica, troppo spesso non considerata tale ma confusa con l'uso degli strumenti associati e le relative tecnologie.
Noi informatici amiamo citare l’aforisma di un grande ricercatore informatico olandese, Edsger Wybe Dijkstra: "L'informatica non riguarda i computer più di quanto l'astronomia riguardi i telescopi."
Dalla denuncia di Charles P. Snow di più di cinquant’anni fa (“Scienziati e letterati non comunicano, non si amano, anzi si detestano.”) non si può affermare che si sia compiuto l’avvicinamento e l’arricchimento reciproco tra le due culture, umanistica e scientifica, nei termini in cui Snow lo auspicava, ma perlomeno è stata acquisita una certa consapevolezza del problema. Sulle denigrazioni reciproche del passato è prevalso un riconoscimento di “dignità culturale” tra le differenti discipline. Ora appare urgente un’analoga rivoluzione culturale che parta dal riconoscimento, non solo a parole, dello status di scienza dell’informatica e della necessità di acquisirne le basi sin dai primi anni dei percorsi educativi, come si fa con tutte le altre scienze come per esempio la matematica, la fisica, la chimica, senza dover ancora discutere sull’utilità e senza presumere di possederle già o, peggio, che possano essere acquisite in autonomia da ciascun allievo o cittadino.
Mi permetto anche di dire che questa rivoluzione culturale dovrebbe interessare e far "rinsavire" in primo luogo gli stessi informatici: spesso siamo le prime vittime delle seduzioni del progresso tecnologico, dimentichi delle nostre origini ovvero della natura, delle idee, dei principi di una scienza che sta cambiando il mondo.
L’informatica dunque tenta di formalizzare un problema per ricondurlo a gestione automatizzata di informazioni da parte di una macchina e mediante un algoritmo al fine di farsi restituire da essa una soluzione efficace.
Tentare di far risolvere alla macchina un problema complesso significa scomporlo, spesso con ingegno e creatività, in sottoproblemi "autonomi", ciascuno dei quali con un proprio livello di astrazione dalla realtà. Ogni livello sarà definito mediante i soli dettagli necessari alla ricerca di una sua soluzione. Gli informatici spesso svolgono attività in ambito di Information Technology senza più occuparsi di analisi di problemi complessi, e tendono a dimenticarsi il principio dell’astrazione su cui si fonda l’informatica, o relegano l’uso di tale concetto alla sola rappresentazione dei sistemi informatici anziché dei problemi da analizzare. D’altronde, coloro che non hanno familiarità con l'uso del principio di astrazione fanno comprensibilmente fatica a comprenderne il significato. In entrambi i casi, frequentissimi, si rischia di parlare di informatica senza piena cognizione di causa. Pertanto, la conoscenza e l’applicazione del pensiero computazionale non sono né un depauperamento della ragione né una disumanizzazione dell’individuo; al contrario sono l’evoluzione e il consolidamento di buone pratiche del pensiero e della logica che permettono di verificare la consistenza delle proprie tesi e di quelle altrui, partendo da assunti o ipotesi e sapendo applicare le tecniche apprese con lo studio e con la pratica. Cosa c’è di più efficace, trascurato e urgente da fare per sviluppare il senso critico di ognuno? E per fare degli studenti cittadini consapevoli dei propri diritti e doveri? E cosa legherebbe questa nuova scienza e le sue fondamenta al banale, diffuso e talvolta delirante, uso della tecnologia con il quale molte persone la identificano?
Considerare davvero l’informatica una scienza significa riconoscere che essa aggiunge una nuova, complementare e necessaria chiave di lettura dei fenomeni e del mondo che ci circonda, esattamente come accade per tutte le altre scienze. Se, come spero, vi interessa approfondire l'argomento vi propongo un articolo dal titolo “Chi ha paura del pensiero computazionale?” (prima parte, seconda parte) scritto dal prof. Nardelli dell’Università Sapienza di Roma. In questo spazio, che non è un blog dove chiunque può scrivere ciò che vuole ed è ancora in fase di costruzione, cercherò di proporre, di volta in volta, il mio piccolo contributo alla divulgazione dell’informatica nella direzione indicata. Einstein sosteneva: “E’ più facile spezzare l’atomo che non un pregiudizio”. Non è facile ripensare e progettare nuovi approcci di insegnamento dell’informatica che ci liberino dai luoghi comuni, ma è sempre più necessario farlo. I pareri, le idee, i contributi via email (profquarto@gmail.com) sono ben graditi. Buona rivoluzione! 5 maggio 2017 Mario Quarto
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non una tecnica a supporto delle altre discipline ma una SCIENZA, quella che, piu' di tutte le altre, molte persone ritengono di conoscere solo perche' ne usano gli strumenti ininterrottamente; in realta', per i piu', una scienza sconosciuta ed ENIGMATICA. |
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